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Wednesday 20 February 2019

UN GIORNO DA LEONI (ITALIAN)

di Colin Liddell

Il fascismo nel suo inizio era un fenomeno chiaramente localizzato, che nasceva da preoccupazioni e ossessioni specifiche degli italiani nell’immediato periodo post-prima guerra mondiale.

Ad esempio, uno delle principali spinte nella formazione del movimento, oggi poco commentato, è stata la questione dalmata. Durante la prima guerra mondiale, all’Italia era stata promessa la Dalmazia – la regione costiera della Croazia – come bottino di guerra, solo per essere poi negata durante i colloqui di pace e concessa allo stato di nuova costituzione della Jugoslavia. In larga misura, l’ascesa al potere di Mussolini prese corpo dall’azione rapida di Gabriele D’Annunzio che occupò per breve tempo la città croata di Fiume nel 1919, che il governo italiano fu costretto a sconfessare, facendo arrabbiare veterani di guerra e patrioti.

Da una confusione di problemi locali, il fascismo si è comunque unito e ha colto la situazione, conquistando il controllo del Regno d’Italia e convincendo le persone in un continente intorpidito da quattro anni di devastazione e da una devastante pandemia.

Il movimento che è emerso era portatore di un’ideologia militante, revanscista, incoraggiante che ha enfatizzato la superiorità del “uomo d’azione” fascista come una figura eroica, senza paura della morte, che viveva solo attraverso cose più grandi di lui. “Tutto nello Stato, niente fuori dallo Stato, niente contro lo Stato”, come diceva Mussolini.

Il Duce, con la sua mimica del tempo, mobilitava il potere latente di Roma e ricreava l’antico impero del Mediterraneo. Tuttavia, il tono era stato proposto ancor prima da D’Annunzio, lui stesso portatore di una ricca retorica, affinata dalla sua carriera di poeta e scrittore.

Quando l’Italia si era inizialmente posta ai margini della prima guerra mondiale, è stato D’Annunzio a fare discorsi, con parole vibranti e temi nobili, sostenendo il coinvolgimento nell’assurdo massacro:
“BEATI I GIOVANI CHE HANNO FAME E SETE DI GLORIA PERCHÉ SARANNO SAZIATI … BEATI I MISERICORDIOSI, PERCHÉ SARANNO CHIAMATI A STRINGERE UNO SPLENDIDO FLUSSO DI SANGUE E AD INDOSSARE UNA MERAVIGLIOSA FERITA … BEATI COLORO CHE TORNANO CON LE VITTORIE, PERCHÉ VEDRANNO LA NUOVA FACCIA DI ROMA “.
Mussolini colse questa ricchezza di linguaggio popolare, a sua volta ripreso dal maestro di retorica moderna americano. Nella campagna elettorale presidenziale del 2016, Donald Trump ha ritwittò notoriamente un post con quella che è forse la citazione più nota di Mussolini:
“È MEGLIO VIVERE UN GIORNO DA LEONE CHE MILLE ANNI DA PECORE.”
Questo era tipico del suo stile e dell’immagine di sè che ha costantemente cercato di proiettare. I critici del fascismo affermano che “il potere di mobilitazione di tale linguaggio sarebbe stato completamente sfruttato dal fascismo”. Ma era così?

Il sistema fascista creò davvero una società di uomini che si sentivano “benedetti” per “fame e sete di gloria”, una nazione di guerrieri che preferivano vivere un giorno da leoni? secondo quanto ci suggeriscono i dettagli della guerra, fu un fallimento totale.

Dopo quasi due decenni al potere, il paese che entrò in guerra nel 1940 era lontano dagli ideali eroici incarnati nella sua propaganda, nella sua pomposità, nella sua architettura e nel evidente militarismo.

Ettore Conti, uno dei principali industriali italiani dell’epoca, era ben consapevole di questo fallimento. Nel suo diario del 2 gennaio 1940, commenta l’umore del paese nel periodo che precedette la dichiarazione di guerra a Gran Bretagna e Francia nel 1940 da parte dell’Italia:
“POTREMMO ESSERE SULL’ORLO DELLA GUERRA: MA MAI UN PAESE FU COSÌ IN BALIA DI UNO STATO DI APATIA E DI INERZIA: MAI IL FASCISMO È STATO TENUTO IN COSÌ BASSA CONSIDERAZIONE DAGLI ITALIANI. LE MANCHEVOLEZZE DELLA DITTATURA SONO FINALMENTE EVIDENTI A TUTTI, ANCHE A COLORO CHE L’AVEVANO SOSTENUTA IN BUONA FEDE … IL PROGRESSIVO MA COSTANTE PEGGIORAMENTO DELLA QUALITÀ DELLA LEADERSHIP, L’INSOLENZA DEI FUNZIONARI IN OGNI RAMO. LA DIFFUSIONE DELLA SPECULAZIONE COMBINATA CON I VINCOLI PIÙ IDIOTI IMPOSTI SU OGNI ASPETTO DELLA VITA PRIVATA HANNO TRASFORMATO GLI ITALIANI IN UN BRANCO AMORFO CHE NON HA ALCUN SENSO DI VOLONTÀ, DI FEDE O ISPIRAZIONE. E CON QUESTO PAESE IN QUESTO STATO, VOGLIONO PORTARCI IN GUERRA. “
I dubbi di Conti furono confermati dagli eventi che seguirono. L’esercito fascista “eroico” dell’Italia ricevette una severa lezione dagli umili Greci, mentre in Africa, le sue grandi forze in Libia e in Abissinia furono circondate dalle forze britanniche che erano in netta superiorità numerica. I 200.000 uomini di Rodolfo Graziani, generale italiano, furono brutalmente sconfitti dal generale britannico Wavell e dalla forza del Commonwealth di circa 30.000 uomini. Solo l’arrivo della tedesca Afrika Korps nel 1941 spinse indietro gli inglesi, ridotti di numero dalla ridistribuzione delle truppe in Grecia, in Abissinia e in Estremo Oriente.

Invece di vivere un giorno da leone invece che mille anni da pecora, i fascisti italiani vivevano un giorno come pecore e poi si arrendevano a frotte al leone britannico.

L’aviazione e la marina italiana non andarono meglio. La Battaglia di Taranto ha visto la marina italiana subire un colpo devastante, mentre di contro ha anche convinto i giapponesi sul fatto che un attacco aereo con bombe e siluri a Pearl Harbor fosse una cosa fattibile. La debolezza delle truppe italiane fasciste fu anche un fattore importante nel crollo e nell’accerchiamento dell’esercito tedesco a Stalingrado.

Dal punto di vista militare, il fascismo chiaramente e clamorosamente fallì.

La via facile per gli apologeti del fascismo è dare la colpa agli italiani stessi e sottolineare il fatto che nell’era moderna non sono mai stati grandi combattenti. Questo è vero, ed è persino plausibile vedere le posizioni toste di Mussolini e D’Annuncio come “sovracompensazione” per l’effettiva inferiorità militare dell’Italia. Ma le prestazioni militari del fascismo italiano sembrano ancora scendere al di sotto di questo livello, quando, secondo la retorica del fascismo, avrebbe dovuto volare ben più alto.

Le osservazioni di Conti sembrano offrire alcuni spunti su ciò che stava realmente accadendo. Menziona “apatia” e “inerzia”, così come la bassa stima che gli italiani avevano per il regime. Questo sembra essere accurato: quando l’ondata di guerra si ritorse decisamente contro l’Asse nel 1943, gli italiani abbandonarono il regime fascista durante la notte e misero in arresto Mussolini, costringendo Hitler a mandare Otto Skorzeny a salvarlo. I tedeschi, al contrario, combatterono ostinatamente a sostegno del loro regime screditato, finché quasi l’intero paese fu conquistato e devastato.

Il diario di Conti evidenzia anche l’insolenza dei funzionari fascisti, la ricerca del profitto personale e le costrizioni imposte alla vita privata.

Non è difficile dedurre ciò che stava realmente accadendo qui: uno stato non meritocratico, in cui la posizione era determinata dall’ideologia, dalla posizione nel partito e una forma fascista di “politicamente corretto” era saldamente in atto, e quelli che lo rappresentavano stavano chiaramente abusando del loro potere. L’apatia e l’inerzia menzionate sono manifestazioni tipiche del comportamento passivo aggressivo, di persone che fanno il meno possibile e si lasciano trascinare piuttosto che resistere apertamente.

Questo ci parla di una popolazione stanca di magniloquenza e propaganda, la cui principale difesa era il cinismo totale e il disprezzo appena camuffato per i loro leader. È facile vedere come queste sensazioni abbiano influito sul campo di battaglia e abbiano causato non una semplice sconfitta, ma una sconfitta abietta.

Per le persone nell’Occidente moderno e degenerato, il fascismo ha talvolta un fascino comprensibile. La sua iconografia, che risuona ancora attraverso i secoli, proietta un’immagine di forza e virilità che attrae chi è lontano dalla sua realtà. Ma la storia rivela che il fascismo ha una sua degenerazione, che ha portato alla sua sconfitta, ma ha anche consacrato il suo fascino nella morte.

Pubblicato su Ora Zero
Tradotto da Gustavo Kulpe
Versione inglese: One Day as a Lion

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